[¯|¯] L'equazione di D'Alembert

Agosto 6th, 2015 | by Marcello Colozzo |
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Propagazione di un'onda piana

Continuando a cavalcare l'ipotesi di Riemann, riprendiamo le considerazioni dei post precedenti, osservando che insistere sulle simulazioni numeriche potrebbe non portare ad alcun risultato utile. Cerchiamo quindi di affrontare il problema da un punto di vista analitico. Dal momento che abbiamo ipotizzato una qualche propagazione ondosa, non dobbiamo fare altro che approfondire tale nozioni. Partiamo dal caso più semplice, ossia le soluzioni dell'equazione di D'Alembert.

Esistono due modi differenti per ricavare tale equazione. Il primo è basato su una "descrizione macroscopica". Ad esempio, si considera una sbarra longitudinale elastica (ed omogenea):

sbarra elastica omogenea

Si studiano quindi le deformazioni indotte da una forza esterna applicata longitudinalmente, cioè parallela e concorde all'asse delle ascisse che coincide con l'asse della sbarra. Lo scenario sperimentale è dominato dai seguenti comportamenti:

  1. Comportamento elastico lineare
  2. Comportamento elastico non-lineare
  3. Comportamento anelastico lineare
  4. Comportamento anelastico non-lineare








Ad esempio, nel regime 1 le grandezze fisiche che entrano in gioco (forza di richiamo elastica, energia potenziale) sono quelle di un oscillatore armonico unidimensionale, per cui tale sistema è in grado di modellizzare la sbarra assegnata. Nel comportamento 2, invece, ritroviamo l'oscillatore anarmonico nel quale la forza elastica non/ una funzione lineare dello spostamento. I casi 3 e 4 sono ancora più complicati, poichè la sollecitazione esterna produce delle deformazioni anelastiche, ossia che non si annullano quando viene rimossa la forza esterna. Il caso più semplice è, dunque, quello "elastico lineare". Ed è su questo che ci concentreremo. Infatti, l'equazione di D'Alembert è un'equazione differenziale alle derivate parziali lineare, per cui riflette proprio tale regime. Per inciso, fino a questo momento abbiamo utilizzato una descrizione macroscopica del sistema (cioè, la sbarra) e la maggior parte dei testi segue tale approccio per ricavare l'equazione di D'Alembert. Dal momento che nei posti precedenti abbiamo posto l'accento tra oscillatori armonici e funzione zeta di Riemann, è preferibile seguire una descrizione microscopica della sbarra. Ciò è suggerito dal fatto che, per quanto detto, le grandezze macroscopiche sono quelle tipiche dell'oscillatore armonico. Per essere più specifici, possiamo immaginare di dividere trasversalmente la sbarra in N parti uguali. Ogni parte è un oscillatore armonico di massa m/N, dove m è la massa totale della sbarra. La lunghezza a riposo è l=L/N, dove L è la lunghezza della sbarra. Siamo in grado di scrivere una lagrangiana, e quindi le equazioni di Lagrange che in questo caso, compongono un sistema di N equazioni differenziali del secondo ordine. Le equazioni sono "accoppiate" poichè tali sono gli oscillatori. Utilizzeremo alcune nozioni di algebra lineare per "disaccoppiare" le equazioni e, quindi, gli oscillatori. Ciò equivale a una rotazione nello spazio delle configurazioni del sistema (che è N-dimensionale). Si ottengono, in tal modo, i cosiddetti modi normali di oscillazione. Ritornando alle vecchie variabili, è possibile plottare le soluzioni, ovvero gli spostamenti dalla posizione di equilibrio del singolo oscillatore. A questo punto, si fa tendere N a +oo. In altri termini, stiamo considerando la sbarra come un sistema continuo composto da un numero infinito non numerabile di oscillatori di lunghezza a riposo infinitesima. Osserviamo che un tale oscillatore ha una costante elastica infinita, per cui il prodotto di tale costante per la lunghezza a riposo infinitesima produce la forma indeterminata 0*oo che, si vedrà, può essere rimossa dando luogo a una grandezza finita dipendente dalla densità della sbarra.

Al crescere indefinito del numero di oscillatori, aumenta il numero di equazioni e, quindi, la dimensione dello spazio delle configurazioni. Per N->+oo il numero di equazioni è infinito e tale è la dimensione dello spazio delle configurazioni. Ma è proprio qui che entra in gioco la dicotomia discreto/continuo. Le infinite funzioni che descrivono l'evoluzione temporale del singolo oscillatore sono del tipo ui(t), dove l'indice i "etichetta" l'i-esimo oscillatore. È chiaro che al tendere di N a +oo, tale indice tende a una variabile continua che si identifica con un singolo oscillatore (che ora ha lunghezza a riposo infinitesima), per cui la funzione ui(t) verrà rimpiazzata dalla funzione u(x,t) che, formalmente, ingloba un numero infinito non numerabile di funzioni del tempo ciascuna "etichettata" da x. O, ciò che è lo stesso, abbiamo una funzione reale delle due variabili reali x,t. In tal modo, le N equazioni differenziali, per N->+oo, confluiscono in un'unica equazione differenziale del second'ordine che è, appunto, l'equazione di D'Alembert. E dal momento che ora abbiamo due variabili, si tratta di un'equazione differenziale alle derivate parziali.

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