Teoria fenomenologica dei London

Febbraio 20th, 2022 | by Alessandro Renzi |

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In fisica, per fenomenologia si intende l'applicazione della fisica teorica ai dati sperimentali facendo previsioni quantitative basate su teorie conosciute. Mira a fare previsioni descriventi comportamenti attesi dei fenomeni reali, ed è per certi versi l'opposto della sperimentazione, nella quale l'obiettivo è provare una ipotesi scientifica. La fenomenologia fisica non è concetto filosofico, nel senso che le sue previsioni descrivono comportamenti attesi dei fenomeni reali.

La fenomenologia è applicata alle branche della fisica quando non ci sono teorie esistenti per i dati sperimentali ottenuti. E per i superconduttori si era (e per certi versi siamo tuttora) privi di teorie in grado di spiegare le evidenze di laboratorio.

In una teoria fenomenologica è fondamentale il modello. Gli esperimenti sul comportamento dei superconduttori in presenza di campo magnetico avevano chiarito come lo stato superconduttivo fosse appunto uno stato specifico della materia, e quindi ad esso fosse applicabile l'apparato concettuale della termodinamica.

Gorter e Casimir impiegarono il modello a due fluidi nel 1934 per cercare di spiegare la superconduttività, ancora prima che esso fosse proposto nel 1938 da altri per l'elio liquido. Essi postularono che in un metallo allo stato superconduttore fossero presenti due tipi diversi di elettroni di conduzione (in entrambi i casi considerati come "gas perfetti" di particelle). Una parte degli elettroni, che possiamo indicare percentualmente con 1-x, è "normale", cioè essi si comportano allo stesso modo degli elettroni in un metallo non superconduttore. La frazione x è invece costituita da elettroni superconduttori, che hanno entropia nulla e si trovano quindi in uno "stato ordinato". La frazione x di elettroni superconduttori si riduce a zero per T=Tc ed è assunta da Gorter e Casimir crescere al diminuire della temperatura fino a raggiungere il valore 1 per T=0. Si comprese poi successivamente - ma solo con la teoria microscopica della superconduttività - che a T=0K la frazione degli elettroni superconduttori non raggiunge il 100%, piuttosto anche allo zero assoluto tale frazione è molto piccola, dell'ordine dello 0,0001%.

Nel 1934 non era possibile dare una rappresentazione dettagliata dello stato ordinato, ma furono tuttavia attribuite agli elettroni superconduttori due proprietà fondamentali. La prima era che durante il loro moto attraverso il reticolo cristallino essi non venissero diffusi dalle vibrazioni termiche dai difetti del reticolo stesso. La seconda era che essi non potessero trasportare energia termica attraverso il metallo.
Gorter e Casimir avviarono la loro analisi partendo dal calore specifico ed arrivarono a dare una descrizione fenomenologicamente coerente dello stato superconduttore, spiegando in modo assai semplice alcuni fatti sperimentali:

  • l'annullarsi della resistenza è conseguenza del moto libero degli elettroni superconduttori. Anche nel caso in cui il loro numero sia piccolo, a temperatura appena inferiore a T_{c}, essi danno luogo a un corto circuito rispetto agli elettroni normali;

  • la conduttività termica di un metallo nello stato superconduttore è minore che in quello normale. Ciò è facilmente comprensibile perché, sebbene gli elettroni superconduttori possano muoversi con facilità attraverso il metallo, essi non possono trasportare calore. Così l'energia termica è trasportata soltanto dagli elettroni normali il cui numero è minore che nello stato normale;

  • inoltre, la differenza di conduttività termica è tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura.

I fratelli London affrontarono il problema di cercare di capire in che modo teorie simili alla legge di Ohm o al modello di Drude-Sommerfeld potessero funzionare per i superconduttori. La legge di Ohm di per sé non poteva essere di grande aiuto, poiché i supeconduttori possono essere attraversati da una corrente autosostenuta, senza che occorra alcuna differenza di potenziale a guidarla. Viceversa, l'effetto Meissner poteva costituire l'indizio dal quale partire per capire come potesse funzionare il tutto. Questo fenomeno mostra un fatto importante, che la superconduttività, oltre all'annullarsi della resistività, prevede anche la scomparsa dell'induzione magnetica all'interno del superconduttore, con la trasformazione di una sostanza paramagnetica in una sostanza perfettamente diamagnetica. Rispetto a ciò i tentativi di arrivare ad una spiegazione che discendesse dall'elettromagnetismo e dalle equazioni di Maxwell furono vani. Nella loro memoria "On Supraconductivity", pubblicata su Physica nel 1934. due fisici olandesi Jacobus Gorter e Hendrik Casimir ipotizzarono come detto sopra che gli elettroni liberi in un metallo superconduttore, quando si scende sotto la temperatura critica, si dividono in due tipi di elettroni, quelli ordinari e quelli superconduttori originati da un fenomeno di condensazione (modello a due fluidi).
Da questa ipotesi partirono i fratelli London.

***

Per la densità di corrente consideriamo quindi 2 contributi:

Il primo contributo è la densità di corrente degli elettroni normali, con


essendo σ la conducibilità dovuta a tali elettroni data dalla legge di Drude:

ove nn è la densità volumetrica degli elettroni normali, me la massa elettronica e τ è il tempo che intercorre tra una collisione e l'altra dell'elettrone. Ricordiamo che la conducibilità σ è l'inverso della resistività &roh;, ossia σ=1/&roh;.
Per la componente superconduttrice della densità di corrente possiamo scrivere che

con ns numero di elettroni superconduttori nell'unità di volume, e - assumendo E sia il campo elettrico transitorio che innesca il moto elettronico - possiamo anche scrivere (moto degli elettroni superconduttori privo di resistenza quindi uniformemente accelerato) che


da cui


che è la prima equazione dei London. Considerando poi il superconduttore immerso in un campo magnetico, assumendolo privo di proprietà ferromagnetiche e ipotizzando di poter trascurare la corrente di spostamento (modello quasi-stazionario magnetico), le equazioni di Maxwell si scrivono nella forma:


Raccordando le equazioni fin qui scritte si arriva alla relazione


da cui con opportune trasformazioni si arriva alla relazione

La quantità dB/dt decresce a livello spaziale quindi esponenzialmente con α, interpretabile come profondità di penetrazione nel superconduttore.
I London ipotizzarono che una relazione di questo tipo valesse anche per il campo magnetico, ovvero che il gradiente di B in un superconduttore fosse pari a (1/α) volte B.
In pratica postularono che - indipendentemente dalla storia del sistema - fosse valida la relazione (seconda equazione dei London)

Ne deriva quindi la relazione seguente per la variazione spaziale del campo magnetico all'interno del superconduttore lungo la direzione x ortogonale alla superficie dello stesso:

Questa relazione descrive le proprietà di un materiale diamagnetico ideale.

All'interno di un superconduttore, ad una profondità λL=sqrt(α), il campo diminuisce di e volte. Questa grandezza - i cui valori tipici sono compresi tra 50 e 500nm - è detta profondità di penetrazione di London del campo magnetico:


Le equazioni


sono le equazioni dei London.

Come già detto, si vede che il campo magnetico all'interno del superconduttore non diventa immediatamente nullo, ma decresce in modo esponenziale. Si può trovare un'espressione analoga per la densità di corrente js. Si vede che anche la supercorrente scorre in direzione parallela alla superficie e perpendicolare al campo B, inoltre decresce all'interno del campione con la stessa scala λL. In sostanza risulta definita da queste equazioni la distribuzione della corrente in un superconduttore e se ne deriva che la corrente è presente solo in uno strato superficiale delimitato dalla profondità di penetrazione λL.

Le equazioni dei London sono da considerare condizioni supplementari alle equazioni di Maxwell per descrivere le correnti superconduttrici. In questo modo le equazioni di Maxwell rimangono valide anche nel caso del superconduttore.
È utile riscrivere la seconda equazione di London in funzione del potenziale vettore magnetico A (un campo magnetico può esprimersi in generale come il rotore di un opportuno potenziale vettore):

L'importanza di mettere l'equazione in questa forma che stabilisce un legame fra la supercorrente ed il potenziale vettore magnetico sta nel fatto che in questo modo inizia definirsi un collegamento con la meccanica quantistica, che fornisce una formula generale per la densità probabilistica di flusso di una particella carica in moto in un campo magnetico:


Se chiaramente

per avere consistenza con la seconda equazione dei London espressa in termini del potenziale vettore magnetico, deve aversi

Questo termine sarebbe zero per autofunzioni imperturbate, ma in presenza di campo magnetico va considerata la perturbazione magnetica. I London dedussero che doveva esistere nei superconduttori un "accoppiamento" fra elettroni tale che finché la perturbazione magnetica non raggiunge l'energia dell'accoppiamento (valutabile in kTc il suo effetto è trascurabile rispetto al termine diamagnetico lineare in A. Di conseguenza, ha senso reimpostare le equazioni di London in termini più generali di "portatori di carica" e non di "elettroni", cioè sostituendo in esse m* ed e* a me ed e, con:

L'origine di questo "accoppiamento" costituisce l'obiettivo da raggiungere delle teorie successive. Vent'anni dopo la formulazione dei London, con la teoria microscopica della superconduttività "BCS" si ottiene la stessa equazione, ma, poiché gli elettroni sono in coppie (le coppie di Cooper), raddoppia la massa e la carica, mentre la densità dimezza. Si ottiene quindi la stessa profondità di penetrazione. La teoria BCS permette di ricavare anche come varia la profondità di penetrazione in funzione della temperatura: quando ci si avvicina alla temperatura critica, la densità dei portatori di supercorrente tende a zero e la lunghezza di penetrazione tende a infinito.
In sintesi:

  • le equazioni di London sono le più semplici relazioni costitutive per descrivere la superconduttività; Il maggiore risultato di tali equazioni è quello di riuscire a descrivere l'effetto Meissner-Ochsenfeld, che non è spiegabile semplicemente con le equazioni di Maxwell;

  • la prima equazione di London descrive la prima delle due caratteristiche di un superconduttore, cioè l'assenza di resistenza in corrente continua;

  • la prima equazione modella bene l'assenza di resistenza ma non può descrivere l'effetto Meissner-Ochsenfeld, poiché da essa se ne deriva una relazione per l'induzione magnetica che ammette una soluzione particolare, cioè un campo costante, che è incompatibile con l'effetto Meissner-Ochsenfeld, in quanto esso prevede un diamagnetismo perfetto, quindi assenza totale di campi magnetici;

  • dalla seconda equazione, applicandovi la legge di Ampere, si vede come il campo magnetico si riduca esponenzialmente con la distanza dalla superficie, modellando un diamagnetismo perfetto;

  • le equazioni dei London mettono in relazione la corrente in un superconduttore con il campo magnetico, o per meglio dire, con il potenziale vettore magnetico introdotto da Maxwell. Tali equazioni possono essere usate per spiegare l'effetto Meissner proprio come conseguenza del fatto che le correnti sulla superficie schermano l'interno provocando l'espulsione del campo magnetico esterno;

  • quest'ultimo tuttavia può penetrare all'interno del superconduttore per una distanza dell'ordine dei 100nm, detta lunghezza di penetrazione, lungo la quale scorrono le correnti di schermaggio. Pertanto, il valore di induzione di un campione superconduttore immerso in un campo magnetico non può passare nello stesso istante dal valore esterno ad un valore nullo, ma diminuisce secondo legge esponenziale verso l'interno dalla superficie.


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