Karl Popper: verifica e falsificazione delle teorie

Luglio 31st, 2021 | by Marcello Colozzo |

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L'approccio di Karl Popper ai problemi epistemologici/ontologici della ricerca scientifica, avvenne in modo atipico; precisamente, attraverso l'osservazione dell'atteggiamento dei suoi coetanei, seguaci di Marx, Freud e Adler, le cui concezioni si fregiavano della qualifica di "scientifiche". Ad esempio, i più fanatici seguaci della psicoanalisi freudiana, manifestavano una affannosa ricerca di conferme "empiriche" all'interno di una cornice concettuale prettamente meccanicistica, dove non esisteva il benché minimo spazio per la critica.

Per il giovane Popper, invece, era intrinsecamente impossibile stabilire un "criterio di veridicità" basato sulla sola conferma sperimentale, escludendo a priori ogni tentativo di falsificazione (esattamente come accade, ad esempio, per l'astrologia). Un criterio di verificità doveva, dunque, essere basato sulla falsificazione e non sulla conferma sperimentale.

Una interpretazione più pragmatica è la seguente: una teoria T per essere considerata "scientifica" deve contenere un insieme non vuoto di falsificatori potenziali, in modo da stabilire un isomorfismo con l'insieme dei "livelli di scientificità" di T. La "resistenza" di T a un numero arbitrariamente grande di falsificazioni, corrobora T, ma non assegna ad essa alcun carattere di "verità" in senso assoluto. Nella cornice concettuale del pensiero di Popper non c'è spazio per una verità assoluta.

Bibliografia
Lunghi S. Karl Popper: verifica e falsificazione delle teorie Annuario della EST, 1976.

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