The Turning Point [racconto]
Giugno 5th, 2020 | by Marcello Colozzo |
Parteciperò a questo concorso letterario (Nota. È il secondo; quello precedente al seguente link).
Il titolo non è casuale: incidentalmente è quello di un famoso saggio del fisico Fritjof Capra.
Di seguito una bozza dei primi due capitoli:
IaLab Veronica Aspis non avrebbe confidato a nessuno, nemmeno a se stessa, la vera ragione per cui in quella tempestosa notte di fine febbraio serpeggiava tra gli oscuri meandri del Dipartimento della Difesa. Scese un’altra rampa di scale per poi imboccare un androne costellato di porte chiuse che frantumavano la grigia monotonia dell’ambiente. La scritta Vietato l’accesso suonava come un monito in quel surreale scenario. Quasi avvertiva il vento delle intelligenze che nelle ore precedenti avevano elaborato dati e formulato audaci teorie. Si fermò all’ingresso di un ufficio dove un austero John McCarthy la osservava incuriosito. Il volto dell’eminente informatico troneggiava in una gigantografia che occupava buona parte della parete adiacente. Era il laboratorio di Intelligenza Artificiale.
*** «Siamo finiti sui social!» sbraitò Rudi, entrando come una furia nell’ufficio. Mostrò lo smartphone a Veronica che aveva il capo chino sul computer.
«Ma cosa?!» riprese, osservando i numerosi bicchierini da caffé sparsi sulla spaziosa scrivania. «Hai passato la notte qui?»
La ragazza annuì… «L’Intelligenza Artificiale ha analizzato i dati in arrivo…. Questa vicenda ha tutti i connotati di una pandemia…»Artificial Virus Si avviarono verso il bar che si affacciava sulla strada di fronte. Si chiamava Albatros ed era il bar di una vecchia stazione ferroviaria dismessa da tempo. Era diventato il punto di ritrovo dei dipendenti della sezione distaccata del Dipartimento della Difesa che sorgeva nel centro città, in una zona un tempo sede di una fabbrica di vetri. Adesso, i suoi uffici e laboratori si annidavano attorno all'alta ciminiera, unica superstite della vecchia vetreria.
«Buon giorno, ragazzi. Cosa prendete?» chiese la barista, sfoderando uno sfavillante sorriso.
«Un cappuccino» rispose Veronica.
«Un cappuccino anche per me» aggiunse distrattamente Rudi. All’improvviso afferrò la ragazza per un braccio, quasi trascinandola lontano dal bancone.
«Hai notato come ci guardano tutti?» le sussurrò in un orecchio.
«Guardano come?» chiese Veronica, dopo aver lanciato una rapida e furtiva occhiata agli astanti.
«Ehi!» fece Rudi, avvicinandosi a un tavolino dove c’era un giornale buttato su una sedia, aperto sulla pagina della cronaca locale.
«Virus “sfuggito” da un laboratorio» lesse rapidamente, mostrando il quotidiano a Veronica.
«Alcuni fisici del Dipartimento della Difesa specializzati in modelli epidemiologici, confermano l’origine artificiale dell’attuale virus pandemico»
«Dio mio!» s’infuriò Veronica.
«Ma chi ha fornito questa notizia?» aggiunse subito dopo, accartocciando il giornale come se avesse voluto farlo a pezzettini.
«Non ne ho la più pallida idea…» osservò mestamente Rudi.
«Ecco Tino!» riprese la ragazza, indicando la porta a vetri del bar.
Un ragazzo allampanato dalle spalle aguzze e il volto emaciato fece il suo ingresso. Indossava un trance nero che assieme ai capelli scurissimi, gli conferiva un aspetto decisamente spettrale.
«Cosa succede? Avete una faccia…» chiese appena si avvicinò.
Rudi gli mostrò il giornale, dopo averlo ricomposto.
«Accidenti… » sospirò Tino leggendo l’articolo.
«I cappuccini si raffreddano» abbaiò la barista.
«Cosa ne pensi?» gli chiese Rudi avvicinandosi al bancone. «Sei tu l’informatico del gruppo»
«Cosa ne penso?» rispose Tino, riverberando la propria voce.
«Mio marito è morto…» fece una voce gelida alle loro spalle.
Si voltarono all’istante per trovarsi faccia a faccia con una giovane donna il cui volto presentava un paio di vistose occhiaie.
«È stato il vostro virus… Riportate mio marito in vita!» continuò.
«Dio santo!» mormorò Veronica, girandosi verso il bancone. La barista osservava la scena con le braccia incrociate. Nel frattempo un angoscioso silenzio era calato nel locale, assorbendo le voci dei presenti. Era come se qualcuno avesse calato un macabro sipario sulla scena chiassosa del bar.
«Aiutatemi, vi prego» riprese con forza la donna, afferrando un braccio di Rudi.
«Siamo scienziati, non ciarlatani» rispose aspramente quest’ultimo, sedendosi sullo sgabello.
La donna non disse nulla. Dopo un po’ girò sui tacchi e sparì.
«Potevi risparmiarti la battuta» lo ammonì severamente la barista.
«Non ne possiamo più con questa storia. E siamo appena all’inizio!» replicò asciutto Rudi sorseggiando il cappuccino.
«Ma… è tutto riportato sui giornali» obiettò la barista, facendo cenno al quotidiano sul bancone.
All’improvviso la suoneria di un cellulare riverberò inseguendo le note della IX di Beethoven. La musica continuò per una manciata di secondi per poi svanire di colpo come se fosse stata fagocitata da un universo parallelo. Era lo smartphone di Tino. Gli squilli furono seguiti dalla notifica di arrivo di un sms. L’informatico afferrò febbrilmente il telefonino.
«Allarme!» strillò. «Presto al laboratorio!»
Scattarono come molle, abbandonando il bar con gran furia. Fuori cadeva una pioggia battente abilmente scrollata dai pesanti pastrani dei militari del corpo di guardia del dipartimento. Attraversarono quasi di corsa i varchi elettronici.
Tags: fritjof capra, racconto, The turning point
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