
L'immagine allegata a quest'articolo è l'esatto contrario dell'argomento che stiamo affrontando. Incidentalmente, la Teoria dei Giochi veniva applicata in ambito bellico durante gli anni della guerra fredda. La domanda che ora ci poniamo è: È possibile applicare tale teoria in ambito medico, ad esempio, nel tentativo di sconfiggere una malattia?.
Il quesito è ben posto giacché nel paradigma della medicina ufficiale, la malattia è vista come un nemico da sconfiggere. Per inciso, l'esempio più banale di gioco a somma zero è dato dagli scacchi. Se A e B sono i giocatori, denotando con +1,-1,0 la vittoria, la sconfitta e il pareggio, si ha A(+1) => B(-1), e viceversa. Nel caso speciale di pareggio riesce A(0)=>B(0). In tal modo, la somma dei risultati è identicamente nulla, da qui la denominazione di gioco a somma zero.
Nel caso di una malattia, il giocatore A è il medico curante del paziente, mentre B è la malattia. Si noti che tale gioco non è a somma zero, giacché nel caso di dipartita del paziente, la risposta tipica del giocatore A è la seguente: il paziente non ha risposto alla terapia, per cui A ha comunque segnato una vittoria (la mancata guarigione è dovuta al paziente e non alla terapia). Probabilmente il semplice paradigma della teoria dei giochi è inadatto alla implementazione di un qualche ragionevole modello del processo di guarigione. Detto in altro modo, ci sono in gioco (termine davvero azzeccato!) troppe variabili...