[¯|¯] Archetipi junghiani e Autopoiesi

Maggio 26th, 2019 | by Marcello Colozzo |

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La definizione di archetipo junghiano riportata nel libro Pauli e Jung. Un confronto su materia e psiche non mi sembra corretta in quanto definisce gli archetipi come esperienze universali e a-temporali. Ciò rappresenta una contraddizione in termini poiché un'esperienza non può essere slegata dal tempo, nel senso che è un processo che avviene nel tempo. Diversamente, gli archetipi sono verità universali e come tali indipendenti dallo spazio e dal tempo. Ricordiamo, infatti, che l'"ente" fondamentale non è lo spaziotempo bensì qualcosa di "più astratto" (in un qualche ragionevole senso del termine. Si pensi agli spin networks di Penrose). Tali verità universali si manifestano, dunque, in tempi e luoghi diversi, ovvero in epoche differenti in regioni geografiche lontanissime. Esse appartengono a un sostrato che Jung definiva inconscio collettivo, il quale ultimo cristallizza nelle coscienze individuali. Siamo quindi in presenza di un elemento psichico che tra l'altro, guida l'evoluzione biologica che apparentemente sembra dovuta ad agenti casuali come ad esempio, le mutazioni genetiche.

Nel libro citato c'è poi, un'argomentazione molto interessante secondo cui gli architipi junghiani sono i famosi invarianti per trasformazione che caratterizzano i sistemi autopoietici. Ne conseguirebbe l'esistenza di una notevole convergenza tra le idee dei neurofisiologi Humberto Maturana e Francisco Varela, e le ipotesi di Jung e Pauli.



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